sabato 1 marzo 2014

La ragazza con l'orecchino di perla

La ragazza con l'orecchino di perla, capolavoro del pittore olandese Johannes Vermeer (1632-1675), è sicuramente uno dei quadri più celebri ed apprezzati al mondo: dal 1902 l'opera d'arte è sempre stata esposta al Gabinetto Reale del Mauritshuis dell'Aia, ma in seguito alla chiusura del museo per interventi di raddoppio delle superfici (la riapertura è prevista per giugno 2014), si è deciso di promuovere la collezione storica del museo olandese esponendo in vari musei europei ed extra-europei (Giappone, New York, Atlanta, San Francisco) una selezione di capolavori della raccolta, tra cui anche la Ragazza del Vermeer. Quest'ultima, insieme ad altri dipinti di produzione fiamminga, farà tappa per una serie di settimane, esattamente dall'8 febbraio al 25 maggio, anche in Italia, a Bologna, precisamente nella sede del cinquecentesco Palazzo Fava, una delle sedi del Genus Bononiae, rete di musei cittadini. La mostra, dedicata alla pittura olandese del 1600, è curata da Marco Goldin, storico dell'arte e direttore generale di Linea d'Ombra e da Emilie Gordenker, direttrice del  Museo Mauritshuis dell'Aia, dove la Ragazza e altri 36 dipinti ora esposti a Bologna sono conservati e nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Carisbo, Genus Bononiae Musei della Città, Intesa San Paolo e il main sponsor Gruppo Segafredo Zanetti.
Si tratta quindi dell'unica occasione euopea per ammirare un'opera così affascinante, enigmatica e di sublime bellezza come La ragazza con l'orecchino di perla, ma di cui allo stesso tempo non possediamo molte informazioni: venne dipinto con ogni probablità attorno al 1665, rimanendo pressochè sconosciuto fino agli inizi del Novecento. Nel 1881 la tela venne infatti venduta all'asta e comprata al costo di soli due fiorni, da un collezionista Arnoldus des Tombe, sollecitato all'acquisto da un intenditore d'arte, Victor De Stuers; alla morte di Tombe il dipinto venne lasciato in eredità al museo dell'Aia nel 1902. Le quotazioni della Ragazza iniziarono a salire in occasione di mostre dedicate interamente al Vermeer tenutasi all'Aia, alla National Gallery di Washington e al Museo Municipale d'Osaka tra il 1995 e il 2000: la fama della tela divenne ancora più grande con la pubblicazione di un romanzo (di Tracy Chevalier, 2003) e di un film (regia di Peter Webber e recitazione di Scarlett Johansson nel ruolo della giovane) ad essa dedicati..
All'interno della mostra bolognese trovano spazio anche altri 36 capolavori fiamminghi appartenenti a diversi generi pittorici, ovvero alla pittura di paesaggio (gli orizzonti di Von Ruisdael, i pascoli di Paulus Potter, i fiumi di Jan van Goyen), ai ritratti (opere di Frans Hals, di Gherardo delle Notti, di Rembrandt), alle vedute di interni (dipinti di Nicolaes Maes, di Pieter de Hooch, di Jan Steen), alle nature morte (basti pensare al celebre Cardellino di Carel Fabritius). Un'intera sala è invece dedicata all'esposizione, all'interno di una cornice disegnata da Edoardo Gherardi, della Ragazza di Vermeer: colpiscono l'attenzione il volto morbido, l'equilibrio calibrato tra chiari e scuri, la pennellata decisa sul turbante e gli abiti, i punti luce creati sapientemente dal pittore negli occhi della fanciulla, sul labbro inferiore della bocca semichiusa, nel riflesso sprigionato dall'elemento caratterizzante di questo quadro, ossia il celebre orecchino di perla. I colori dell'abito e del turbante sono accesi, vivaci, quali il giallo e il blu oltremare, pigmento molto costoso e ricercato ed elementi come la grande perla e il turbante non erano inoltre suppellettili comunemente usate da fanciulle olandesi del tempo: la presenza di attributi per così dire esotici ha supportato la tesi secondo cui il celebre quadro non rappresenti una fanciulla davvero esistita, in carne e ossa, quanto piuttosto un volto idealizzato, una 'testa di genere' o, per dire all'olandese, un tronie, che altro non è che un esercizio di stile, uno studio di genere, assai in voga all'epoca (ad esempio si vedano alcuni ritratti di Rembrandt). La ragazza con l'orecchino di perla non è l'unico tronie di Vermeer: sono infatti conservati a New York e a Washington anche altri due dipinti appartenenti a questa sottocategoria della ritrattistica, ovvero Studio di ragazza e Ragazza con il cappello rosso
Nonostante il quadro non raffiguri quindi una persona reale molti scrittori, sin dal 900 (il primo fu il francese Malraux, l'ultimo, in ordine di tempo, la già citata Chevalier, che immaginò che la ragazza del dipinto fosse una domestica del pittore), tentarono di ricollegare tale immagine ad una donna reale, davvero esistita: ancora una volta ci troviamo dinanzi ad un comportamento umano assai diffuso sin dall'antichità, ossia quello di corredare un'immagine o un testo scritto anonimi  di un nome, un'identità, affinchè acquisiscano un senso, una comprensibilità migliore. A mio parere è però proprio l'anonimato di questa figura femminile, il suo esotismo, i suoi abiti non convenzionali e l'aria di mistero che la circondano a rendere ancora più affascinante questo ritratto femminile, che sembra quasi ammiccare innocentemente verso lo spettatore.


martedì 25 febbraio 2014

L'età dell'innocenza

Il primo libro di cui vorrei parlare è uno dei miei romanzi preferiti, ovvero L'età dell'innocenza della scrittrice americana Edith Wharton, pubblicato nel 1920 e grazie al quale l'autrice vinse, nel 1921, il prestigioso premio Pulitzer.
La storia è ambientata a New York nella seconda metà del XIX secolo: i personaggi coinvolti appartengono all'alta borghesia cittadina, ritratta dalla Wharton come  fortemente legata a rigide convenzioni sociali e a valori spesso futili e inconsistenti. Uno dei protagonisti, il giovane avvocato rampante Newland Archer, è fidanzato a May Welland, una ragazza educata, di sani principi, docile e graziosa. Stanno per sposarsi, ma ben presto l'incontro di Newland con la protagonista assoluta del romanzo, la contessa Ellen Olenska, moglie separata di un autoritario conte polacco da cui è fuggita e cugina di May, si rivela fatale. 
Newland si avvicina inizialmente ad Ellen come sostegno giuridico, occupandosi dei suoi interessi legali, ma sin da subito rimane affascinato dalla cultura, dalla bellezza e dall'anticonformismo della contessa: a lei non sembra importare ciò che la gente pensa di lei, anzi rivendica un'autonoma libertà di pensiero ed azione.
Tra loro s'instaura con grande naturalezza una forte affinità, che si trasforma in poco tempo in un forte sentimento d'amore, temuto e negato  in particolare dalla contessa Olenska, che non vuole tradire la fiducia e la generosità della cugina May. Newland si ritrova quindi ad onorare una promessa, quella di matrimonio, che lui stesso, in cuor suo, sapeva di non poter mai spezzare: Ellen con la sua passionalità e schiettezza è ai suoi occhi tutto ciò che è più desiderabile dalla vità, ma allo stesso tempo rappresenta dei valori, quelli di libertà, spregiudicatezza, emancipazione in cui egli non si identifica del tutto. Il loro rapporto oscilla tra l'attrazione e il rifiuto, la vita trascorre in un profondo senso di insoddisfazione, malinconia e nostalgia per ciò che non si è voluto vivere fino in fondo. Non è il destino a dividere i due personaggi, ma le loro scelte, o meglio le non scelte, l'impossibilità del cambiamento, il timore per qualcosa di non ancora conosciuto. Tra loro rimane solo una promessa, quella di non guastare il loro amore tradendo la fiducia di altre persone, riuscendo a trovare un "equilibrio perfetto tra la realtà che dovevano agli altri e l'onestà verso sè stessi".
In questo libro mi sono sentita fortemente coinvolta dal dramma interiore vissuto dai personaggi, dalle mancate possibilità che si sono voluti dare: sono qui le non scelte a determinare il vissuto delle persone, oltre che la volontà di non sfuggire all'innocenza nominata nel titolo. Innocenza significa non tradire le convenzioni di una società rigida, monolitica, dove non c'è spazio per la felicità autentica, spontanea, selvaggia: il prezzo dell'innocenza è alto. Ci si sente quindi appagati anche soltanto da  uno sguardo sfuggente, da un lieve contatto delle mani, dalla consapevolezza di guardare distanti lo stesso lago.

Chiara

domenica 23 febbraio 2014

Christine de Pizan, un'antesignana del femminismo.


Vorrei inaugurare il blog con un articolo dedicato ad una figura femminile, Christine de Pizan, poetessa e scrittrice francese nata però a Venezia e vissuta tra il XIV e XV secolo, considerata dagli studiosi la prima scrittrice di professione europea. Si tratta di una donna che seppe vivere della propria poesia in modo autonomo, distinguendosi per il pensiero originale e irriverente dei propri scritti.
La sua biografia ci restituisce l'immagine di una donna forte, indipendente, che dopo la morte del marito si occupò da sola dei propri figli ed ebbe il coraggio di fare della propria passione, la scrittura, alimentata da un'educazione letteraria maturata in gioventù alla corte di Carlo V, una professione, in un mondo dominato da uomini. Lei stessa su di sè scrisse:
  Or fus jee vrais homs, n'est pa fable, / De nefs mener entremettable
 "Allora diventai un vero uomo, non è una favola, / in grado di condurre le navi".


La sua produzione letteraria è vasta ed eterogenea (si passa dalla poesia lirica, a quella allegorico-didattica, morale, a testi filosofici, poltici e religiosi), tesa a combattere la misoginia imperante e a proporre un'immagine femminile non stereotipata, come quella fornita, ad esempio, dalla letteratura cortese dell'epoca. Intendo qui soffermarmi sulla sua opera più nota, che uscirà presto e per la prima volta con traduzione in francese moderno a fronte e ricco apparato critico a cura di Dominique Demartini e Didier Lechat, ovvero il Livre de la Cité des Dames, composto tra 1404 e 1405. Si tratta di una vera e propria rivisitazione o riscrittura del famoso Roman de la Rose, opera celebre del XIII secolo, in cui sono descritte le regole dell'amore cortese. L'ideologia cortese è qui rifiutata e ridicolizzata e sono piuttosto sottolineati gli inganni e le menzogne dell'amore. Ad essere oggetto di descrizione è una città immaginaria, figura allegorica di uno spazio in cui le donne sono libere di esprimere la propria autonomia e libertà lontano da pregiudizi misogini: alla base della narrazione vi è l'iniziazione amorosa di un duca, di cui non conosciamo il nome, innamorato di una nobildonna. La dama di compagnia di quest'ultima è Sybille de la Tour, dietro la cui voce riconosciamo chiaramente il pensiero della scrittrice, che mette in guardia la donna, tramite una lettera, dei pericoli e inganni d'amore: si noti il nome parlante della dama di compagnia, presentata come una vera e propria profetessa degli effetti negativi d'amore. Nel racconto vengono inoltre inseriti degli spunti di riflessione derivati da dialoghi che avvengono con tre dame che popolano tale fantasiosa città, le quali impersonificano tre delle virtù cardinali, ovvero Ragione, Giustizia e Rettitudine: emergono temi importanti e dal sapore attuale, quali ad esempio la necessità dell'accesso all'istruzione per le donne, dell'uguaglianza di diritti tra uomini e donne, il matrimonio come realtà spesso violenta e non sempre idilliaca.
Molto moderna e allo stesso tempo disincantata è la visione dell'amore proposta dalla scrittrice francese: il sentimento amoroso sembra, a suo parere, destinato a spegnersi nel corso del tempo, è segnato dall'illusione, dalla delusione e dall'inganno e per tali motivi deve essere evitato. Una donna non ha bisogno di un uomo a lei vicino per sentirsi realizzata, ma deve piuttosto preservare la propria intelligenza, autonomia ed onore, valori utili quindi per edificare una città eterna, quella appunto delle Dame, all'interno della quale le donne non sono sottoposte a frivoli e superficiali giudizi, ma a gloria imperitura.
Questa figura mi ha colpita per i suoi tratti squisitamente moderni, attuali e, ancor più, per l'orgoglio da lei mostrato di essere donna, che la portò a rovesciare le rigide convenzioni del tempo, attaccando la tradizione letteraria maschile, riuscita ad imporsi per la mancanza di una valida controparte femminile.
Chiara.




venerdì 21 febbraio 2014

Pronti, partenza, via...

Un libro è per me affascinante non solo per la storia narrata, per le emozioni che esso mi suscita, per il grado d'immedesimazione che spesso provo nei confronti di un personaggio, ma anche perché, nel vortice di pagine sfogliate, mi sento libera di far andare la fantasia, e di cogliere la mia personale impressione su ciò che la pagina stampata restituisce.
Con questo blog vorrei condividere riflessioni su quelle che sono le mie aree d'interesse che spaziano dalla letteratura, all'arte, all'attualità ed infine alla musica, in particolare quella classica, che accompagna molto spesso le mie ore di lettura. Tutto questo con l'auspicio di poter confrontare e scambiare le mie impressioni con quelle di altre persone accomunate dalle mie stesse passioni.